Stando oltre cinque anni al desk di un quotidiano, ho imparato l’importanza di un buon editing.
Ho potuto verificare direttamente che un editing fatto come si deve può migliorare anche l’articolo più banale.
Nel gergo giornalistico, stare al desk significa svolgere tutte quelle mansioni “dietro le quinte” che permettono ad un giornale di andare in edicola.
Al desk, in genere, stanno i capiservizio e i capiredattori. Entrambe le figure, benché a livelli diversi, svolgono un ruolo organizzativo, preparano la riunione di redazione, assegnano i compiti ai giornalisti, disegnano le pagine, controllano le bozze, ecc.
In altre parole, ho passato lunghi anni a leggere e correggere articoli scritti da altri, titolarli, fare i sommari (oltre a scegliere le foto e scrivere le relative didascalie).
I refusi sono quanto di peggio possa capitare ad un testo. Sono sinonimo di disattenzione, sciatteria e mancanza di rispetto per il lettore.
In alcuni casi possono segnalare scarsa conoscenza dell’italiano.
Non è un bel vedere.
Un refuso scappa sempre. Persino a me che di solito sono stata brava a beccare i refusi e le sgrammaticature: se c’ero io al desk difficilmente i refusi arrivavano in tipografia e spesso, quando i miei colleghi avevano un dubbio sull’uso di una parola o di un’espressione, venivano a chiedere il mio parere.
Ma fare editing non è (solo) correggere i refusi.
I film sono un insieme di scene girate in luoghi e tempi diversi e poi montate insieme a comporre una storia di senso compiuto.
Per questo il montaggio e la post-produzione nel cinema sono così importanti: un film girato bene ma montato male è irrimediabilmente rovinato.
Nello scrivere accade qualcosa di simile: se metti le informazioni nel posto sbagliato puoi rovinare l’effetto complessivo e l’efficacia del testo.
Il lavoro di editing permette di rimettere a posto le cose, facendo in modo che il lettore desideri arrivare fino in fondo.
Ogni testo, che tu ci creda o no, è una piccola storia. E ogni storia ha un chi, un cosa, un quando, un dove e un perché che devono essere descritti affinché il lettore capisca di cosa si sta parlando.
È per questo che il giornalismo anglosassone ha inventato la regola delle cinque W:
Sono gli elementi che non possono mancare in un testo e dovrebbero essere sempre presenti almeno nell’attacco (cioè nell’incipit) dell’articolo.
Se ci pensi bene, non è molto diverso dalla regola Seo, secondo la quale la frase chiave dovrebbe trovarsi, appunto, nel primo paragrafo del testo.
In ogni caso, è assodato che senza uno di questi elementi il lettore farà fatica a seguire il ragionamento, perché gli mancheranno le informazioni essenziali.
Senza dimenticare i capoversi: i muri di testo proprio non vanno bene, tantomeno nell’online.
Frasi brevi, paragrafi non troppo lunghi e sottotitoli sono quegli elementi strutturali che fanno la differenza tra un testo che si fa leggere e uno che no.
La struttura del testo ha molto a che fare con la logica. E con la consequenzialità.
È un viaggio di andata e ritorno.
Prima di iniziare a scrivere, bisognerebbe avere ben chiaro in mente dove si vuole andare. Cioè, dove si vuole portare il lettore.
I paragrafi e i sottotitoli servono a questo:
Quindi c’è un inizio, uno svolgimento e una conclusione che riporta il lettore all’inizio e gli dà conferma di quanto promesso nel primo paragrafo.
La punteggiatura non è un optional.
Nel testo scritto non abbiamo il supporto dell’intonazione della voce, delle pause del parlato, dell’espressione facciale con le quali capiamo all’istante il senso di ciò che viene pronunciato.
Se non si usa bene la punteggiatura si rischia di creare confusione nella mente del lettore.
Famose sono le pagine finali di quel capolavoro che è L’Ulisse di James Joyce. Qui l’autore dà sfoggio della sua bravura replicando su carta il soliloquio notturno, o meglio il “flusso di coscienza”, di Molly Bloom. Come ci riesce? Abolendo completamente la punteggiatura e i capoversi e mettendo in fila, uno dietro l’altro, pensieri sconnessi tra loro. Un flusso di parole, appunto.
Benché l’effetto sia voluto e cercato, si tratta di alcune delle pagine più difficili da leggere nella storia della letteratura mondiale.
Noi meglio che evitiamo!
Il punto, la virgola e il mio adorato punto e virgola sono le armi con le quali possiamo rendere il nostro testo piacevole, “leggero”, facilmente comprensibile, anche a colpo d’occhio.
Tutto il testo deve essere armonizzato affinché non ci siano incongruenze né al suo interno, né rispetto al contesto.
Se hai scelto di parlare al presente, tutti i verbi devono essere al presente; se ti rivolgi al lettore con il tu, deve essere sempre usato il tu; se scrivi una parola straniera in corsivo, tutte le parole straniere devono essere in corsivo. E così via.
Non è pignoleria. È ordine e rispetto per il lettore, che apprezzerà la tua serietà e il tuo impegno.
Ecco come lavoro di solito quando devo revisionare il testo di un cliente.
Troverai spunti utili anche per te se devi migliorare un tuo contenuto.