Mentre scrivi trasferisci al testo qualcosa di te. È inevitabile. È auspicabile. Non a caso i migliori articoli che ho scritto erano quelli dove la mia sensibilità usciva in modo chiaro.
Se qualcuno ti dice che un articolo giornalistico deve essere neutro, non credergli: è impossibile, non fosse per il fatto che la definizione classica di giornalista è “mediatore della notizia”. È un po’ come l’acqua che scorre attraverso la roccia: quando arriva a valle si è arricchita di minerali e altre sostanze. Alcune acque saranno più dolci; altre più dure; alcune saranno frizzanti, altre lisce; alcune ti piaceranno, altre no.
Nel giornalismo non è diverso: sta a te decidere se un giornalista (o un media in generale) ti convince o no; è degno di fiducia; ti sta antipatico e così via (il giornalismo obiettivo non esiste, sorry. Esiste la malafede, ma quella è un’altra storia).
La scrittura è personale o non è
Tutto questo per ribadire che la scrittura è un atto creativo personale e, potrei dire, persino intimo. Credo che questa sia la sua potenza; ciò che la rende insostituibile, persino nell’era dei social network, di Youtube e dei podcast.
Potrei dirti che queste cose – vista la mia esperienza giornalistica – le sapessi già. In effetti le sapevo, ma non le avevo elaborate in modo consapevole. Tantomeno le usavo per/su di me.
Ma da quando ho iniziato la mia nuova professione di brand journalist – cioè da quando scrivo per professionisti e imprese – questo concetto mi è diventato un po’ più chiaro.
Soprattutto oggi che tutti comunicano e scrivono, la personalità è il vero valore aggiunto: bisogna saper trasferire al lettore emozioni, sentimenti, punti di vista e tutto ciò che genera empatia e immedesimazione.
Leonardo diceva: «Ogni nostra cognizione prencipia da sentimenti». Questo è vero ancora oggi anche nella comunicazione di business perché – al di là di tutto – sono i sentimenti di stima, fiducia, simpatia, comprensione, coinvolgimento quelli che fanno cadere le barriere e ci spingono all’azione (all’acquisto).
Logico, ergo sum
Poi c’è la logica. Perché la scrittura è anche logica; in alcuni casi persino matematica. Paragrafi e frasi devono susseguirsi in modo che il lettore riesca a seguire il filo del discorso senza fatica.
Ad usare la logica ho imparato studiando all’università e mai avrei pensato che mi sarebbe tornata così utile, io che in matematica, algebra & C. sono sempre stata scarsa.
È con la logica che riesco – se ci riesco 😁 – a capire quale concetto/espressione può essere utile/coinvolgente per chi legge. Ed è con la logica che riesco – se ci riesco 🙄- a prendere per mano il lettore, a guidarlo attraverso il testo fino alla fine, a lasciarlo soddisfatto e convinto di non aver perso (troppo) tempo leggendo.
L’allenamento alla scrittura mi facilita e mi aiuta a mettere subito ordine nei pensieri in modo che la lettura del testo scorra piacevole. Ma non c’è una sola volta in cui la prima stesura sia quella giusta: può essere una virgola da spostare; può essere una parola da sostituire; può essere un avverbio da togliere; o può essere un intero blocco di testo da alternare con quello che viene prima/dopo. Per non parlare dell’incipit o del titolo (mio vero tallone d’Achille).
Ora so cosa stai pensando: «Beh, allora dimmi come si fa». Temo che la risposta sia solo una: buttati e scrivi. Scrivi. Senza paura di dire cose sbagliate. Concentrati sulle tue esperienze. Parla di ciò che ti piace fare; di come affronti il tuo lavoro; di come hai superato una difficoltà; dei tuoi fallimenti e dei tuoi successi. Chi mai potrà contraddirti? Chi mai potrà dirti: stai sbagliando?
E se proprio non ce la fai, scrivi a te stesso, come fa, ad un certo punto, Pippi Calzelunghe. Serve anche quello.
P.S. Per oltre vent’anni ho scritto; scritto tantissimo ma mai a proposito di me. Magari l’avessi fatto: oggi sarei famosa 🙂
P.P.S. La parte più difficile è iniziare. Se hai bisogno di una spintarella sai dove trovarmi.