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Nell’era del lusso esperienziale

Forse ci avete fatto caso: alcune volte nelle vetrine dei loro negozi esclusivi i grandi marchi del lusso mettono una foto del prodotto accanto al (o addirittura al posto del) prodotto vero e proprio. Louis Vuitton è uno di questi. E proprio il gigante del lusso LVMH, che di Louis Vuitton è il proprietario, è stato recentemente protagonista di un’operazione commerciale che ha sorpreso molti: l’acquisto per 3,2 miliardi di dollari del gruppo Belmond, specializzato in hotel e viaggi luxury. Le due cose stanno insieme. E’ quello che chiamano “lusso esperienziale”.

Perché lusso esperienziale?

E’ l’effetto di una radicale modifica nelle strategie di comunicazione e posizionamento di molti brand (del lusso, ma non solo): una volta molto concentrata sul prodotto e sui suoi attributi (qualità, benefici, funzione o occasione d’uso), la comunicazione si sta via via spostando verso la marca. O meglio, verso l’identità di marca.

Per una serie di motivi che qui sarebbe troppo lungo ricordare, nell’ultimo decennio l’identità di marca ha via via preso il sopravvento sul prodotto. Soprattutto nel settore moda dove non ci sono grandissime differenze stilistiche tra i prodotti, è la marca a fare la differenza. Pensiamo alla fast fashion: abiti e accessori sono ben copiati e spesso arrivano in negozio prima degli originali visti nelle passerelle di Parigi o Milano.

Altrimenti detto: «I prodotti sono ciò che l’impresa produce; la marca è ciò che il consumatore compra».

I vantaggi della comunicazione “esperienziale”

Si comprende facilmente il vantaggio di incentrare la comunicazione sulla marca anziché sul prodotto:

  • continuità relazionale con il consumatore (il prodotto è stagionale, la marca no)
  • combinazione ideale di attributi tangibili e intangibili (qualità/esperienza)
  • differenziazione rispetto ai competitor
  • accrescimento del valore del prodotto e dell’intera produzione.

 

Specialmente nel settore del lusso, la marca è quasi sempre orientata a comunicare un mondo di riferimento piuttosto che gli attributi del prodotto.

Ma questo modo di comunicare sta sempre più prendendo piede anche tra brand di fascia più bassa. Perché le persone hanno sempre meno bisogno (e forse anche voglia) di “comprare”, mentre desiderano sempre di più di far parte di una comunità con cui condividere valori, opinioni, stile di vita eccetera. In poche parole: cercano un’esperienza.

Non a caso, il settore viaggi e ospitalità cresce a ritmi ben più sostenuti rispetto a quello dei prodotti moda (del quale, per altro, il gruppo LVMH è uno dei leader mondiali).

L’operazione Belmond di LVMH

La decisione di LVMH di entrare alla grande nel settore dei viaggi di lusso rientra pienamente nella strategia di puntare sul lusso esperienziale, anche in considerazione del fatto che molti analisti prevedono un ulteriore rallentamento delle vendite dei beni di lusso, per effetto di una temuta contrazione della domanda da parte dei consumatori cinesi. D’altra parte, non è nemmeno il primo caso, basta pensare a Versace o Bulgari, quest’ultimo sempre di proprietà di LVMH. Si tratta, comunque, dell’operazione più grande da parte di LVMH dopo l’acquisizione del pieno controllo di Dior.

Comprandosi Belmond, LVMH entra in possesso anche di immobili storici e di pregio italiani, come l’hotel Cipriani di Venezia, il Caruso di Ravello, l’hotel Splendido di Portofino e Villa San Michele a Fiesole.

Se si considera che al gruppo Belmond fanno capo ben 46 attività tra hotel, treni (per esempio con il Venice-Simplon Orient Express, che propone viaggi “retro” extra lusso in tutto il Vecchio Continente), crociere fluviali in Europa e Asia e alcuni tra gli hotel più noti al mondo – come Copacabana Palace a Rio de Janeiro, Le Manoir aux Quat’Saisons in Oxfordshire, Grand Hotel Europe a St. Petersburg e Cap Juluca nell’isola caraibica di Anguilla – si comprende come l’operazione vada nella direzione di un rafforzamento notevole nel settore dell’hotellerie, nella convinzione che il consumatore che può spendere mille dollari per una borsa di Louis Vuitton non esiterà a spenderne duemila per una notte sulla Costiera amalfitana. Cioè, appunto, per vivere un’esperienza.

Esperienze da vivere, vivere un’esperienza

A proposito di vivere un’esperienza, vi voglio raccontare di un’altra bella iniziativa di comunicazione esperienziale (o, se volete, “storytelling esperienziale“).

E’ quella messa in campo dall’Art Institute of Chicago in occasione di una mostra su Van Gogh nel 2016. Per attirare visitatori che cosa hanno escogitato? Hanno ricreato, fin nei minimi dettagli, la stanza ad Arles in cui viveva il grande pittore e che Van Gogh ha dipinto molte volte.

L’hanno fatta identica: stesso letto, stessa coperta rossa, stesse sedie di paglia, stesso tavolino e poi hanno messo un annuncio su Airbnb a nome di un certo Vincent che è un pittore squattrinato ma generoso: a chi affitta la stanza, regala un biglietto per andare a vedere una mostra proprio a Chicago…

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Capisci? Condividere con Van Gogh qualcosa; provare ad immedesimarsi in lui, ad immaginare come poteva essere la vita ai suoi tempi, come incentivo ad andare poi a vedere dal vivo quel dipinto. Bello no

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