Il web è pieno di formule, regole, template, modelli che ti promettono miracoli nel campo della scrittura efficace. Te lo dico subito: qui non ne troverai.
Anche io qualche volta ci sono cascata, provando in prima persona la frustrazione di trovarmi punto e a capo. Quella che forse hai sperimentato anche tu.
Poi però mi sono accorta che molte di quelle regolette mi andavano strette; che non corrispondevano al mio stile, al mio gusto, al mio modo di scrivere.
Aggiungi che da sempre provo un senso di fastidio a “fare come fanno tutti”, et voilà: ho smesso con le formule preconfezionate. Alla fine, mi sono chiesta: «Chi l’ha detto che il mio (e sottolineo mio) metodo di scrittura non sia efficace?».
Ecco perché qui non troverai un template da copia e incolla. Il mio invito è a trovare il tuo metodo e il tuo stile di scrittura.
Quindi, continua pure a leggere se sei curioso di sapere qual è il mio metodo di scrittura efficace e vuoi scoprire come fare a trovare il tuo.
Mi verrebbe da rispondere: dipende.
Dipende dal contesto. Un libro; un articolo di giornale; un articolo di blog; un post su un social network; una newsletter sono “ambienti diversi tra loro”.
Così come diverso è l’approccio del lettore: più concentrato nel caso del libro; più distratto nel caso del post social; più alla ricerca di informazioni e approfondimenti nel caso dell’articolo di giornale; più orientato all’acquisto nel caso di un blog post.
Difficilmente lo stesso testo sarà altrettanto efficace nei diversi contesti.
Questo significa che possiamo definire efficace un testo che permette al lettore di raggiungere l’obiettivo che si era prefissato.
Per forza di cose, perciò, prima di scrivere dovremo avere ben chiaro
Ciò detto, andiamo oltre.
È il mio metodo, ma ti consiglio caldamente di non iniziare mai a scrivere di getto.
A meno che tu non sia costretto (es: sei un cronista e devi inviare l’articolo alla tua redazione in tempi stretti), scrivere richiede riflessione, calma, concentrazione.
Senza scomodare il grande filosofo Cartesio e il suo famoso “Cogito, ergo sum”, generalmente l’articolo si forma prima nella mia testa. Lo penso. Lo immagino.
Raramente mi faccio aiutare da una scaletta scritta (anche se riconosco che è comunque un buon metodo).
La riflessione mi serve a trovare il fil rouge, il filo logico, la chiave che renda il testo coerente e scorrevole. Trovata la chiave, sarà più facile anche trovare l’attacco (cioè l’inizio) del testo e tutti quegli elementi che servono ad arricchire e “abbellire” lo scritto (metafore, citazioni, esempi, casi particolari, rimandi ad altri testi).
Ci può volere tempo. Certe volte, l’idea mi arriva in piena notte. Altre, la ricerca mi toglie il sonno. Spesso, l’articolo prende forma mentre sono impegnata a fare cose che non c’entrano nulla, tipo lavare i piatti o scendere dall’autobus.
Se la fase 1 è andata bene (purtroppo, non sempre è così), l’atto dello scrivere diventa facile e veloce, naturale e spontaneo.
Le parole vengono quasi da sole e il testo scorre via che è un piacere.
Si nota quando un testo è il risultato di uno sforzo; di un momento nel quale non eravamo concentrati; di distrazione; di poca riflessione.
Tutto sommato, quindi, l’azione dello scrivere è quella che considero meno importante.
O meglio, quella che mi richiede meno fatica e stress.
In ogni caso, la concentrazione non deve mai venire meno per non correre il rischio di perdere il fil rouge che è stato faticosamente individuato nella fase 1.
Questa è la parte che mi piace di più, perché è quella nella quale prende forma la versione definitiva del testo.
Cerco sempre di lasciarmi il tempo necessario (anche 24 ore) per fare in modo che quanto già scritto decanti e io possa quindi rileggerlo a mente fredda e con occhi nuovi.
In genere, chiudo il programma e mi dedico ad altro. Non ci penso più fino al momento di riaccendere il computer.
Benché questo sia il mio metodo, anche qui ti consiglio caldamente di seguire una prassi simile: saresti sorpreso da quante cose potrai imparare.
Mai, e sottolineo mai, il testo esce come era entrato nella fase di rilettura.
Refusi a parte (quelli ci sono sempre ed è più facile beccarli rileggendo il testo dopo una pausa), certe volte il testo subisce modifiche profonde persino nella struttura. Per non parlare della punteggiatura.
Ci sono casi in cui le revisioni arrivano anche a dieci. E non ti nascondo che alcune volte, anche dopo aver consegnato l’articolo, mi verrebbe voglia di rimetterci le mani.
Onestamente, non credo molto ai corsi di scrittura.
Conosco solo due modi per imparare davvero a scrivere: scrivere e leggere. O meglio: leggere e scrivere.
Non ho altro modo, per dimostrartelo, che raccontarti la mia esperienza.
Per circa 5 anni, ho svolto il ruolo di caporedattore nella redazione del giornale dove lavoravo. Il mio compito era, tra le altre cose, quello di leggere, correggere, eventualmente accorciare e titolare articoli scritti da altri.
In tutto quel periodo di tempo, non ho sostanzialmente scritto, se non piccole notizie brevi come riempitivi. Un lavoro a tratti anche noioso e ripetitivo. Di sicuro poco creativo.
Quando ho lasciato quel ruolo per esigenze interne del giornale e sono andata a fare la cronista parlamentare, sorpresa: scrivevo molto meglio di prima. Avevo acquisito sicurezza, personalità e maggiore competenza.
Non ho dubbi che ciò fosse dovuto a quei 5 anni inchiodata alla scrivania a “passare” (così si dice in gergo giornalistico) gli articoli scritti da altri giornalisti e dai collaboratori. E posso assicurarti che non tutti erano testi degni del premio Pulitzer. Alcuni erano passabili; altri proprio da riscrivere!
Leggere è, dunque, ciò che fa la differenza. Leggere fa bene. È cibo per la mente, come recita lo slogan. Qualunque testo va bene: libri, riviste, fumetti, giornali, blog. Così si impara a scrivere. E si impara a trovare il proprio stile.
Se sei deluso o delusa, mi spiace. Questa è la verità. Se non leggi non imparerai mai a scrivere bene.
Ma per imparare a scrivere bisogna anche… scrivere. Non si scappa. Come nello sport, bisogna allenarsi. Ripetere e ripetere l’esercizio, con pazienza e tenacia, fino a trovare la formula vincente.
Se poi, come me, hai la fortuna di trovare bravi insegnanti, bingo!
Sappi, infatti, che nessuno nasce imparato e il fatto che qualcuno, agli inizi, abbia preso i miei articoli e li abbia gettati nel cestino è stata la miglior scuola. Professionale e umana.