È ormai tempo che ti dedichi al tuo problema.
E il tuo problema è che, là fuori, nessuno sa che esisti; nessuno ti valuta per il tuo valore; nessuno ti ascolta. E dunque la tua attività langue.
Non perché non vali o perché non hai niente da dire. Ma perché, semplicemente, non parli. Non racconti chi sei. Non condividi le tue esperienze. Non fai personal storytelling. Non fai narrazione di te stesso o di te stessa.
O non lo fai nel modo giusto.
Magari non lo fai perché pensi che lo storytelling di cui parlano tutti sia roba da mega brand e grandi corporation, che possono permettersi di investire enormi quantità di denaro per confezionare video e pubblicità emozionali.
In realtà non è (solo) così.
Tre esempi
Storytelling 1
La fidanzata di Max Lanman, CEO di un’agenzia di comunicazione californiana, nel 2017 decide di vendere la propria Honda Accord, anno 1996 e 240.000 chilometri (valore di mercato: 1.400 dollari). Max decide di aiutarla e realizza uno spot video che pubblica su Reddit.
Ma il video diventa virale e l’auto, messa su eBay a partire da 499 dollari, fa letteralmente impazzire l’asta : dopo pochi giorni le offerte arrivano a 150.000 dollari, tanto che eBay, per ben due volte, cancella l’asta sospettando una truffa.
A quel punto si fa avanti CarMax, un grosso venditore americano di auto usate, che acquista l’auto per 20.000 dollari. La macchina, pare, è stata poi rivenduta a 32.000 dollari (ma di questo non ho trovato conferma!).
Max aveva semplicemente raccontato una storia.
Quella di una donna autentica, che fa le cose a modo suo; che non si vergogna di guidare una vecchia auto; che dà valore ad altre cose anziché ai soldi; che non ha bisogno delle cose perché ha già se stessa.
E quella di una macchina che non è una macchina, ma «uno stile di vita»; una macchina «per persone che hanno realizzato la propria vita». Perché «il lusso è uno stato d’animo».
Insomma, Max non vendeva un’automobile, ma un’idea; un sogno; un’aspirazione. Valori, sentimenti, esperienze (la fidanzata di Max aveva guidato quella macchina fin dai tempi del college e aveva impiegato due anni per decidersi a separarsene).
Facendo vedere in modo diretto una precisa identità, Max aveva intercettato tutte quelle persone che in quella identità si riconoscevano.
Storytelling 2 (potere delle storie)
Nel 2009, Joshua Glenn (scrittore e studioso di semiotica) e Rob Walker (collaboratore del New York Times Magazine) hanno condotto un esperimento, chiamato The Significant Object.
Volevano capire se una storia può modificare il valore percepito di un oggetto.
Hanno quindi acquistato un centinaio di oggetti di poco valore, da un dollaro per capirci, di quelli che si possono comunemente trovare da rigattieri e negozi dell’usato. Hanno assegnato i singoli oggetti ad altrettanti scrittori e novellisti, chiedendogli di scrivere una storia legata a quell’oggetto, inventandola di sana pianta.
Poi, li hanno messi tutti in vendita su eBay, usando la storia inventata come didascalia e descrizione dell’oggetto.
Risultato?
Oggetti del valore complessivo di 129 dollari sono stati venduti per 3.600 dollari.
Certo, non si tratta di un esperimento scientifico. Ma dimostra bene come solo le storie hanno questa grande capacità di accendere in noi passioni, sentimenti, emozioni fino al punto di modificare il nostro giudizio.
Storytelling 3 (caso personale)
Alcune estati fa, ho fatto una breve breve vacanza in Basilicata. Tra le tante località visitate c’è Venosa, nota come la città di Orazio.
È una graziosa cittadina, poco più di un borgo, con un bel centro storico, un castello e un’importante area archeologica, con tanto di terme romane, domus con pavimenti a mosaico e una basilica chiamata Incompiuta proprio perché non è mai stata finita.
Quando sono arrivata davanti all’Incompiuta mi sono subito resa conto che in quel posto, – chissà come, chissà quando – ci ero già stata, ma ne avevo completamente perso la memoria: poco male, il posto è ricco di fascino, valeva comunque la pena rivederlo.
Ma.
Il proprietario dell’albergo dove alloggiavo (e qui veniamo a noi), durante una chiacchierata mi racconta un aneddoto: c’era un vigile, non del tutto padrone dell’italiano, che quando doveva indicare ai turisti la casa natale di Orazio, anziché dire “la presunta casa di Orazio” (si tratta infatti di un’ipotesi), diceva “la casa del presunto Orazio“.
Risatine.
Ma poi, riflettendoci, mi sono resa conto che per me Venosa sarà per sempre la città che ospita la casa natale del “presunto Orazio“.
Se, alla mia prima visita, qualcuno mi avesse raccontato una storia così “memorabile” probabilmente non mi sarei dimenticata dell’Incompiuta.
Ecco il potere dello storytelling!
Ecco la forza di saper raccontare una storia, anche semplice e “minore”: evocando un’immagine (in questo caso quella del vigile poco istruito); suscitando un sentimento (in questo caso l’ilarità) possiamo fare in modo che le persone si ricordino di noi; si riconoscano in noi; condividano la nostra visione del mondo; diventino nostri fan.
Non è dunque un problema di budget o di mezzi: oggi la tecnologia mette a disposizione strumenti alla portata di tutti, sia per quanto riguarda i costi che per quanto riguarda le capacità tecniche.
Far sentire la propria voce non è mai stato così facile ed economico.
Personal storytelling: errori comuni
Se già stai provando a fare storytelling ma non ottieni risultati, probabilmente è perché non sai bene a chi parlare; non conosci il tuo target e dunque il tuo racconto non fa breccia, non interessa, non centra l’obiettivo.
È stato così anche per me, finché non ho imparato a conoscere la mia audience. E finché non ho individuato, tra le mie capacità, quelle in grado di offrire alla mia audience quello che stava cercando.
Le due cose vanno a braccetto.
Quindi, se fino ad oggi non hai ottenuto i risultati sperati, probabilmente gli ostacoli sono due (e sono molto comuni):
- non conosci bene il tuo target
- non sai come presentare la tua storia affinché risuoni con i problemi della tua audience.
Sono entrambi problemi risolvibili: ci vuole “solo” pazienza e tenacia. E scienza.
Per il primo devi fare ricerche, sondaggi e analisi. In parole povere, basarti su dati oggettivi e non su supposizioni.
Per il secondo devi mettere da parte i pregiudizi, come per esempio quello di credere di non avere nulla da raccontare; che la tua vita e le tue esperienze non siano interessanti.
Nulla di più sbagliato.
Le storie, da sempre, creano legami emotivi. Raccontare la propria in modo avvincente e convincente può diventare uno strumento formidabile per chi vende.
Perché?
Perché se il cliente si immedesima nei tuoi valori; si riconosce nelle difficoltà che hai dovuto affrontare; vede nel tuo esempio una soluzione ai suoi problemi, non perderà l’occasione di acquistare da te.
A patto, però, di incrociare la giusta storia con il giusto target. E lavorare non in modo estemporaneo ma sulla base di una precisa strategia, verso un preciso obiettivo.
I risultati, in questo modo, arrivano (quasi) sempre.
Mentre fai le tue ricerche per approfondire la conoscenza del tuo target, prova a mettere a fuoco il tuo storytelling: ho creato un workbook con degli esercizi che possono aiutarti nell’impresa.
Lo trovi qui >
P.S. Quando si tratta di comunicare il valore del tuo lavoro (servizio, prodotto, business) per differenziarti dai concorrenti e ottenere contatti e clienti, qual è l’ostacolo più grande che ti blocca in questo preciso momento?
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